Brano: FIAT
Parco di autocarri militari forniti dalla FIAT al governo italiano per essere impiegati nella colonizzazione della Libia (Tripoli, 1912)
Agnelli diede contemporaneamente avvio a una politica economica intesa a creare, attorno alla produzione principale, « una struttura verticale e orizzontafecontali interessi e partecipazioni in differenti industrie fornitrici di materie prime e prodotti semilavorati, da garantirsi il massimo di autonomia ». L’occupazione operaia non era cresciuta in proporzione all’espandersi della produzione; e questo dato introduceva la verifica del tipo di sfruttamento che l'azienda esercitava, premendo sui ritmi d[...]
[...]izzontafecontali interessi e partecipazioni in differenti industrie fornitrici di materie prime e prodotti semilavorati, da garantirsi il massimo di autonomia ». L’occupazione operaia non era cresciuta in proporzione all’espandersi della produzione; e questo dato introduceva la verifica del tipo di sfruttamento che l'azienda esercitava, premendo sui ritmi di lavoro ed esercitando un ricatto sul l'occupazione, due fattori dei quali lo sviluppo della FIAT trarrà sempre una somma di enormi vantaggi, sia sul piano dei profitti che su quello della limitazione delle libertà operaie. L'« età dell’oro » del monopolio torinese doveva però giungere con il conflitto 191518.
Nella prima guerra mondiaie
Negli anni che precedettero la guerra 191518, rafforzate ormai le proprie strutture produttive, la FIAT si presentava come uno strumento in piena espansione. Le commesse per la guerra di Libia erano state quantitativamente modeste, ma sufficienti a fornire nuove occasioni di collegamento con lo Stato, ed erano soprattutto servite a « rodare » il suo apparato in vista dello sviluppo successivo. La produzione passò dalle 3.398 autovetture del
1912 alle 4.646 del 1914 (con una lieve flessione nel 1913: 3.252 unità); i dipendenti, da 4.000 salirono a 5.000. Le si erano affiancate, dal 1906, la RIV di Villar Perosa, creata per la produzione di cuscinetti a sfere (300 operai), la S.I.A. [Aeritalia[...]
[...]lessione nel 1913: 3.252 unità); i dipendenti, da 4.000 salirono a 5.000. Le si erano affiancate, dal 1906, la RIV di Villar Perosa, creata per la produzione di cuscinetti a sfere (300 operai), la S.I.A. [Aeritalia) per la costruzione di aeroplani, e una sezione di costruzione di materiale ferroviario, risultante dall’assorbimento della Diatto. Neutralista con Giolitti nella fase preludente l’entrata in guerra dell’Italia, il gruppo dirigente della FIAT si convertì all’interventismo
non appena intravvide gli enormi profitti che il conflito poteva offrire, grazie anche alla messa a punto dei sistemi di organizzazione scientifica del iavoro introdotti in quegli anni con il taylorismo.
La guerra determinò il « decollo » della FIÀT: nel primo anno l’utile netto dell’azienda balzò a 8.056.000 lire e i maggiori azionisti, da Agnelli a Broglio e a Marangoni, poterono dividersi quote di 300 800.000 lire. Nell’aprile 1918 il capitale sociale fu portato a 50 milioni di lire oro. In quattro anni di conflitto le forniture all’esercito, la « militarizzazione » delle forze operaie, una dura compressione dei salari e dei consumi dei lavoratori, la spietata repressione da parte dello Stato di ogni moto sindacale e politico delle masse consentirono all’azienda torinese di assurgere a livelli di rango europeo e di accumulare risorse[...]
[...] forniture all’esercito, la « militarizzazione » delle forze operaie, una dura compressione dei salari e dei consumi dei lavoratori, la spietata repressione da parte dello Stato di ogni moto sindacale e politico delle masse consentirono all’azienda torinese di assurgere a livelli di rango europeo e di accumulare risorse finanziarie eccezionali.
I profitti di guerra e la vastità degli impianti per far fronte alla produzione bellica permisero alla FIAT di gettarsi con tutto il suo peso alla conquista di posizioni egemoniche neH'economia del Paese: intrecciando sempre più le proprie sorti a quelle del capitalismo finanziario; partecipando, come scrisse Antonio Gramsci, alle * furibonde lotte del dopoguerra per la supremazia nell’ambito del sistema capitalistico nazionale, trasformando gli originari ” capitani d’industria ” in ” cavalieri d’industria ” ».
II dato più rilevante di quel periodo fu l’instaurarsi di uno strettissimo rapporto tra lo Stato e l’apparato industriale, rapporto che si rivelerà decisivo per tutto lo sviluppo ulterior[...]
[...]avevano lucrato negli anni bellici, ma che avevano anche meglio saputo consolidare le proprie strutture.
L’ondata di agitazioni e di rivendicazioni operaie seguita alla fine del conflitto, culminata nell’occupazione delle fabbriche (v.) dell’agostosettembre 1920, mise per qualche tempo a repentaglio il potere capitalistico e indusse perfino gli industriali maggiori, e lo stesso Agnelli, a temere i,l crollo di ogni prospettiva capitalistica. Alla FIAT si ebbero le esperienze di avanguàrdia del movimento operaio italiano attraverso la creazione dei Commissari di reparto e dei Consigli di fabbrica (v.), tanto che altri gruppi industriali accusarono I’Agnelli di eccessiva « tolleranza » nei confronti del movimento rivoluzionario. La politica personale di Agnelli si staccò in effetti non poco da quella degli altri grandi industriali, anche se durante l’occupazione delle fabbriche egli venne allineandosi col resto del padronato nella recriminazione della « neutralità » del. governo Giolitti. Ma il movimento operaio, mal guidato dal Partito soci[...]
[...]nella recriminazione della « neutralità » del. governo Giolitti. Ma il movimento operaio, mal guidato dal Partito socialista e soggetto alla direzione sindacale riformista, rifluì presto su posizioni difensive e lasciò, nel vuoto della propria iniziativa, libero spazio al diffondersi della rèazione fascista.
Nell'ottobre 1920, a conclusione del movimento di occupazione, Agnelli propose alle organizzazioni operaie torinesi la trasformazione della FIAT in cooperativa di produzione gestita dagli operai. Difficile stabilire fino a che punto si trattasse di un semplice espediente propagandistico o di un serio tentativo di integrazione, a livello aziendale, dell’avanguardia rivoluzionaria costituitasi intorno al gruppo delVOrdine Nuovo. Ma la proposta venne respinta dalle organizzazioni operaie, essenzialmente per iniziativa di Gramsci che mise in guardia i lavoratori contro i pericoli della prò , posta che avrebbe troncato lo slancio del proletariato torinese.
L’industria del regime
Col 1921 sopravvenne la crisi economica, già latente in[...]
[...] aziendale, dell’avanguardia rivoluzionaria costituitasi intorno al gruppo delVOrdine Nuovo. Ma la proposta venne respinta dalle organizzazioni operaie, essenzialmente per iniziativa di Gramsci che mise in guardia i lavoratori contro i pericoli della prò , posta che avrebbe troncato lo slancio del proletariato torinese.
L’industria del regime
Col 1921 sopravvenne la crisi economica, già latente in precedenza, ma artificiosamente occultata. La FIAT ridusse la produzione da 14.385
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